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https://iclfi.org/pubs/spo/86/tmi
Tradotto da IMT founds RCI: The GRANT leap forward (inglese), Workers Hammer n. 252

Nel giugno di quest’anno la Tendenza marxista internazionale (Tmi) fonderà l’Internazionale comunista rivoluzionaria (Icr). Non capita tutti i giorni che venga proclamata una nuova internazionale, tanto meno una che promette di essere la prima vera Internazionale della classe operaia dai tempi del Comintern di Lenin. Cosa c’è dietro questa trasformazione radicale della Tmi? La tendenza fondata dal defunto Ted Grant ha forse svelato il segreto del leninismo nella nuova epoca?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo analizzare le basi politiche di questo balzo in avanti, elaborate principalmente nel “Manifesto dell’Internazionale comunista rivoluzionaria”, un documento che la Tmi considera un punto di riferimento storico di “importanza fondamentale per il movimento comunista mondiale”. In questo manifesto, la futura Icr sostiene di avere le “idee corrette”. Vediamo quali sono le idee che giustificano affermazioni così audaci.

Il manifesto dell’Icr contiene molte analisi, ma oltre ad invocare astrattamente il comunismo non offre alcuna strada da percorrere per quanto riguarda i principali conflitti che scuotono il mondo. Sorprendentemente, il manifesto non include alcun programma per la liberazione della Palestina, anche se Gaza viene affamata e bombardata. E che dire degli attuali compiti dei lavoratori in merito alla guerra in Ucraina, il conflitto più importante in Europa dalla Seconda guerra mondiale? Niente, nemmeno una parola.

D’altra parte, cosa bizzarra, il manifesto si dilunga a spiegare che non c’è pericolo di fascismo perché:

“ampi settori di quelli che in passato si consideravano classe media (professionisti, colletti bianchi, insegnanti, professori universitari[!], funzionari pubblici, medici[!] e infermiere) sono stati attratti verso il proletariato e si sono sindacalizzati.”

Ma che dire di come combattere l’ascesa della reazione di destra, una questione scottante in tutto il mondo? Niente. Ma non c’è da preoccuparsi, sicuramente professori universitari e medici verranno in soccorso.

Per quanto riguarda la lotta per la liberazione dei neri, delle donne e dei trans, il manifesto si limita a ribadire cose banali sul fatto che “la lotta contro ogni forma di oppressione e discriminazione è una parte necessaria della lotta contro il capitalismo” per poi chiarire che “il nostro atteggiamento è essenzialmente negativo. Vale a dire: ci opponiamo a qualsiasi tipo di oppressione e discriminazione”. In altre parole, non hanno nulla di positivo da dire su come portare avanti concretamente queste lotte oggi.

E la lotta contro l’imperialismo? Sicuramente il manifesto per una nuova internazionale ha qualcosa da dire su come liberare la maggior parte della popolazione mondiale dal tallone del capitale finanziario straniero? Al di là del vuoto slogan “Abbasso i banditi imperialisti!”, non una parola. Anzi, l’oppressione nazionale non viene nemmeno menzionata.

Non è tanto che la Tmi/Icr non dica nulla su tutte queste questioni in generale (e tra poco parleremo di quello che dicono). Ma rispondere alla domanda “che fare?” di fronte alla crisi mondiale non costituisce la base della loro Internazionale comunista rivoluzionaria. Questo ci porta alla domanda: qual è la vera base della fondazione di questa nuova internazionale?

Rispondendo alla domanda “È il momento giusto per un’Internazionale comunista rivoluzionaria?” il manifesto spiega:

“i sondaggi più recenti dalla Gran Bretagna, dagli USA, dall’Australia e da altri paesi ci danno un’indicazione chiarissima che l’idea del comunismo si sta rapidamente diffondendo. Il potenziale per il comunismo è enorme. È nostro compito rendere reale questo potenziale dandogli un’espressione organizzativa.”

Questa è la chiave della grande trasformazione della Tmi. Articolo dopo articolo si ripete che milioni di giovani sono attratti dal comunismo e che “non hanno bisogno di essere convinti. Sono già comunisti” (marxist.com, 5 aprile). In altre parole, la ragione principale della fondazione dell’Icr è un momentaneo spostamento a sinistra di alcuni strati di giovani piccolo-borghesi nei paesi imperialisti. Non è certo una base solida. Ne L’estremismo, malattia infantile del comunismo, Lenin spiegava:

“Il piccolo borghese ‘inferocito’ per gli orrori del capitalismo è un fenomeno sociale caratteristico, come l’anarchismo, di tutti i paesi capitalistici. L’inconsistenza di questo rivoluzionarismo, la sua sterilità, la sua proprietà di trasformarsi rapidamente in docilità, apatia, fantasticheria e persino in ‘folle’ passione per questa o quella corrente borghese ‘di moda’, tutto questo è universalmente noto”.

Chiaramente l’audacia delle pretese dell’Icr è superata solo dalla vacuità del suo contenuto.

Corbyn: le loro lezioni e le nostre

È importante capire che il riorientamento radicale della Tmi non nasce dal nulla, ma è una reazione impressionistica e opportunista ai cambiamenti del panorama politico, in primo luogo in Gran Bretagna. È stata la sezione britannica della Tmi, Socialist Appeal (Sa), che ha iniziato a promuovere il comunismo. Ed è proprio dal centro di Londra che è stato dato il tono internazionale.

Come chiariscono i documenti dell’Icr, è soprattutto a causa della disillusione nei confronti di personaggi come Corbyn, Syriza e Sanders che la Tmi si è orientata verso la presunta bandiera incontaminata del “comunismo”. Per spiegare l’attuale svolta della Tmi dobbiamo guardare alle sue azioni durante gli anni di Corbyn e, più precisamente, alle lezioni che ha tratto da questa esperienza.

Per cominciare, dire che Sa, che presto diventerà il Partito comunista rivoluzionario (Pcr), era immersa fino al collo nel movimento di Corbyn sarebbe dir poco. Tutta la loro esistenza è sempre stata definita dal Partito laburista, per cui l’elezione a segretario di Jeremy Corbyn è stata la realizzazione di un sogno. Il Socialist Appeal titolava: “Completare la rivoluzione di Corbyn!” (15 luglio 2016), “Votare per Corbyn! Lottare per il socialismo!” (22 agosto 2016), “Affrontiamo la battaglia della nostra vita: mobilitiamoci per la vittoria di Corbyn!” (30 ottobre 2019). L’obiettivo era chiaro: sostenere Corbyn e spingerlo a sinistra.

Anche dopo le disastrose elezioni del 2019, quando Corbyn ha tradito la classe operaia facendo campagna per un secondo referendum sull’Ue, in un articolo intitolato “Dopo le elezioni: continuare la rivoluzione di Corbyn”, il leader della Tmi, Alan Woods, ha spiegato che “non è il corbynismo ad aver fallito, ma il blairismo, il liberalismo e il centro” (18 dicembre 2019).

Tuttavia, negli anni successivi alla sconfitta di Corbyn, il laburismo di sinistra è stato in costante ritirata. Sir Keir Starmer ha epurato l’ala sinistra del Labour e si è molto prodigato per espellere Socialist Appeal. Sono stati questi colpi oggettivi e non una rivalutazione critica del percorso precedente che in sostanza hanno spinto Sa a intraprendere un riorientamento radicale. Solo negli ultimi tempi hanno iniziato a condannare Corbyn, dicendo che “Un ruolo particolarmente pernicioso è stato svolto dalla cosiddetta sinistra” (Manifesto dell’Icr).

Queste affermazioni sono senz’altro vere, ma le conclusioni pratiche che ne trae il Pcr sono sbagliate. Ad esempio, in questo momento ha chiuso la porta a qualsiasi tipo di approccio tattico al Labour, alla sinistra laburista o alle elezioni. Il Pcr si sta invece dedicando ad un vuoto radicalismo totalmente slegato dalle lotte e dalla coscienza della classe operaia britannica.

Va detto che Socialist Appeal non è stato affatto l’unico a fare il tifo per Corbyn quando era alla testa del Partito laburista. Lo ha fatto tutta la sinistra, compreso Workers Hammer. Tuttavia, a differenza di Sa, noi abbiamo riconosciuto i nostri errori e abbiamo cercato di trarne le principali lezioni politiche (vedi Workers Hammer n. 247, inverno 2021-2022). Invece di limitarci a condannare il Labour, a cambiare nome e a sventolare la bandiera rossa, abbiamo capito che il fallimento dei cosiddetti rivoluzionari durante gli anni di Corbyn è stato quello di non lottare per una scissione con il laburismo di sinistra.

Per farlo, non basta condannare Corbyn, ma bisogna dimostrare la necessità di rompere con il suo programma che era un ostacolo alla sconfitta dei blairiani perché anteponeva sempre l’unità con la destra ai suoi stessi principi. Il senso della tattica del fronte unico è esattamente questo: impegnarsi nella lotta comune con i riformisti e dimostrare con i fatti la necessità della rottura con l’opportunismo.

Al contrario, l’intera sinistra “marxista” si è liquidata nel fronte unico e ha rifiutato di proporre una strategia radicalmente diversa per combattere i blairiani. Così facendo, non solo ha sottomesso gli elementi più militanti del partito alla strategia perdente di Corbyn e della sua banda, ma ha anche tradito il compito di conquistare un settore del Partito laburista al comunismo.

Invece di riconoscere questa realtà e di cercare di capire quanto fosse sbagliata la loro prospettiva strategica all’interno del Labour, il nuovo Pcr si è limitato a voltare pagina. Ironia della sorte, adesso è diventato la peggiore caricatura degli estremisti settari che Sa condannava fino a poco tempo fa.

Le lezioni dell’ondata di scioperi

Dopo Corbyn, l’evento più importante per la sinistra britannica è stata l’ondata di scioperi del 2022-2023. Anche in questo caso, possiamo comprendere la traiettoria complessiva della Tmi/Icr, osservando i frenetici zigzag della sua sezione britannica.

Al culmine degli scioperi, Sa ha appoggiato il segretario generale di Unite, Sharon Graham, una fiera tirapiedi della Nato e tra i principali responsabili della sconfitta dell’ondata di scioperi (vedi “Sharon Graham o Lenin? Bisogna scegliere”, Workers Hammer n. 250, estate 2023). Il compito urgente per tutta la durata del conflitto era quello di costruire un’opposizione di sinistra all’interno dei sindacati basata sull’organizzazione di un vero scontro con l’odiato e debole governo Tory. Ma invece di questo Sa, come la maggior parte degli altri gruppi di sinistra, ha semplicemente chiesto un maggiore coordinamento tra i sindacati, o qualche giorno di sciopero in più qua e là, rimanendo in blocco con un’ala della burocrazia.

Nulla dimostra questo patto di non aggressione con i vertici del sindacato meglio del rifiuto di Sa di lanciare lo slogan elementare “Non si attraversa mai un picchetto”. Questo slogan non solo era essenziale per costruire gli scioperi, ma andava direttamente contro la strategia dei dirigenti sindacali che puntavano a farsi fotografare dai giornali. L’opportunismo di Sa su questa questione è ancora più evidente se si considera che i loro compagni nel Canada anglofono hanno organizzato un’intera campagna intorno allo slogan “I picchetti non si attraversano”, mentre in Gran Bretagna hanno rifiutato assolutamente i nostri appelli a lanciare questo slogan.

Ora che l’ondata di scioperi è stata sconfitta, il Pcr ha condannato Sharon Graham e ha finalmente menzionato il suo appoggio al “regime sostenuto dalla Nato in Ucraina” (The Communist, 10 aprile). Coerentemente con la nuova svolta a sinistra del Pcr, l’articolo proclama: “Ciò che serve è invece costruire una direzione comunista rivoluzionaria che sia al tempo stesso combattiva e democratica, basata sulla combattività della base del sindacato”. Questo dal punto di visto formale è sicuramente giusto. La domanda è: come si fa a portare avanti questa prospettiva concretamente?

Una direzione rivoluzionaria dei sindacati non si costruirà mai sventolando bandiere rosse e proclamando la necessità di un’azione radicale, indipendentemente dagli ostacoli che vi si frappongono. Ma è proprio questo che il Pcr intende per “direzione rivoluzionaria”. L’articolo del 5 aprile di The Communist sui risultati del voto consultivo della National education union (Neu) è sintomatico. Non solo l’articolo nega la realtà che il clima nel sindacato è molto più demoralizzato rispetto all’anno scorso, ma la sua “prospettiva coraggiosa”, la sua “strategia combattiva che collega la lotta in difesa dell’istruzione alla lotta contro il capitalismo” consiste in una serie di vaghe richieste politiche senza alcun collegamento con la situazione reale degli insegnanti. Naturalmente, è necessario “rovesciare i Tories e il sistema marcio che difendono!”. La domanda che lasciano senza risposta è come farlo, se il sindacato invita i manager alle sue riunioni e gli insegnanti si sentono totalmente impotenti di fronte ai carichi di lavoro schiaccianti, alle scuole fatiscenti e al peggioramento del comportamento causato da due anni di serrate e di degrado sociale.

Quando il contesto sociale in Gran Bretagna era esplosivo, Sa lanciava richieste minime e sosteneva i burocrati di sinistra. Oggi che lo stato d’animo è cupo e demoralizzato, il Pcr condanna tutti i burocrati sindacali e chiede un’azione radicale. Quello che lega il vecchio corso al nuovo è che entrambi non fanno avanzare in alcun modo la lotta di classe e la costruzione di una seria opposizione alla burocrazia.

Schema a piramide o leninismo?

Un partito rivoluzionario si costruisce guidando la lotta di classe, aiutando i lavoratori e gli oppressi a superare gli ostacoli che impediscono l’avanzamento dei loro interessi. Il movimento pro-Palestina in Gran Bretagna è bloccato perché i suoi capi stanno con un piede nel movimento e con l’altro nel campo di Starmer. Lo stesso vale per l’opposizione alla campagna Nato in Ucraina, che a malapena esiste. È impotente perché si affida ai parlamentari della sinistra laburista, costretti al silenzio da Starmer. Nei sindacati, i lavoratori soffrono, mentre i vertici si rifiutano di organizzare una vera lotta.

In tutti questi casi, il compito dei rivoluzionari è quello di spezzare le catene che frenano il movimento e di dimostrare concretamente che per avanzare nelle varie lotte è necessario liberarsi dalle grinfie dei laburisti senza spina dorsale. Questa è l’essenza del leninismo e deve essere lo scopo di tutte le tattiche.

Per decenni, l’approccio della Tmi è consistito nello spingere a sinistra i partiti riformisti e i burocrati sindacali, senza mai lottare per portare ad una scissione rivoluzionaria. Ora, senza ammettere di aver mai fatto un singolo passo falso, l’Icr proclama che costruirà un partito rivoluzionario grazie alla crescita esponenziale delle sue forze. Il problema è che propone di farlo senza rispondere seriamente a nessuna delle argomentazioni che legano i lavoratori e gli oppressi ai loro capi riformisti, compresi i partiti stalinisti come il Kke greco di cui ora sembrano innamorati.

La soluzione per la Palestina? Intifada fino alla vittoria. La soluzione per l’Ucraina? La rivoluzione. Per l’oppressione delle donne e dei neri? Abolire il capitalismo. Contro il dominio di Modi? Sciopero generale. Contro Starmer? Comunismo. Queste non sono risposte. Sono slogan vuoti che possono attirare un certo numero di giovani... per un pò, ma sono del tutto inutili per far avanzare la lotta di classe.

Invece di prendere di petto i problemi che hanno afflitto la Tmi e l’intera sinistra marxista negli ultimi decenni, l’Icr ha virato bruscamente a sinistra e grida ai quattro venti la sua rabbia contro il capitalismo. Ma non essendo in grado di dare risposte alle domande della classe operaia, ha scelto di costruire il partito in base ad un volgare sistema di marketing a piramide. La formula è semplice: stimolare un’energia frenetica e spingere ogni nuovo membro a reclutarne un altro nel giro di qualche mese. Così l’Icr crescerà da migliaia, a decine di migliaia, a milioni di iscritti. Non c’è bisogno del marxismo per sapere come andrà a finire. Come tutti questi schemi, alla fine crollerà su sé stesso.

Venendo anche noi da un’esperienza di settarismo, crollo e riorientamento, non possiamo che esortare i compagni dell’Icr a fare apertamente i conti con la dura realtà del proprio passato e del loro presente, radicandosi nelle lezioni del movimento marxista (vedi Spartacist n. 68, settembre 2023). L’Icr non ha inventato nulla di nuovo, se non una campagna pubblicitaria accattivante. Basta leggere con sincerità gli scritti di Lenin e Trotsky per vedere che la traiettoria dell’Icr è stata seguita e analizzata più volte:

“Come il riformismo nell’epoca precedente, il settarismo trasforma le tendenze storiche in fattori onnipotenti e assoluti. L’estremista conclude la sua analisi proprio dove dovrebbe iniziare. Contrappone alla realtà uno schema preconfezionato. Ma poiché le masse vivono nella sfera della realtà, lo schema settario non fa la minima impressione sulla mentalità dei lavoratori. Per la sua stessa essenza, il settarismo è destinato alla sterilità”. (Leon Trotsky, “Sui settari in generale e su quelli incurabili in particolare”, 28 settembre 1937)

[Tradotto da Workers Hammer, n. 252, primavera 2024]