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La situazione degli operai, degli immigrati e della popolazione povera in Italia è insostenibile e non fa che peggiorare. Al governo, la famiglia Addams della reazione porta avanti con insolenza la guerra ai lavoratori iniziata dal governo Draghi, prende a calci in faccia i sindacati, manda armi e miliardi in appoggio ai paladini della Nato in Ucraina e bastona gli studenti che protestano contro il genocidio in Palestina.

Ma all’opposizione c’è il vuoto cosmico. I sindacati marcano il passo. Quando va bene organizzano dei mezzi scioperi che non ottengono niente, pronti alla retromarcia appena il governo alza la voce. La sinistra radicale gira su sé stessa, inseguendo le parole d’ordine del liberalismo dominante, completamente incapace di avere un impatto indipendente sugli sviluppi politici. Nelle fabbriche, gli operai più coscienti si sentono isolati e scoraggiati. Gli anziani sperano di andare in pensione e i giovani sentono al collo il cappio del precariato. La maggioranza sopravvive all’insegna dell’ognun per sé. Come siamo finiti in questa situazione? Cosa bisogna fare per uscirne?

La classe operaia è paralizzata di fronte al governo perché quello che passa per opposizione di sinistra in parlamento (Partito democratico, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra), in combutta con i capi traditori dei sindacati, appoggia l’ordinamento imperialista euro-atlantico, mentre la sinistra radicale, i sindacati di base e le organizzazioni marxiste stanno a metà strada: urlano nelle piazze “Fuori l’Italia dalla Nato”, ma appoggiano quasi tutti l’Unione Europea e strisciano di fronte al M5S, ai Santoro, ai Fratoianni e compagnia cantante. Gente che inganna le masse con belle parole sulla pace, la neutralità e la Costituzione, ma che difende l’Ue e la Nato e che non sfiderà mai gli interessi della classe dominante capitalista.

Per diventare un fattore reale, il movimento operaio deve alzarsi in piedi e tracciare una linea di demarcazione netta contro il liberalismo euro-atlantista e tutti quelli che lo sostengono o che restano a metà strada e rifiutano di combatterlo. Deve prendere una posizione chiara e concreta di opposizione all’Ue e alla Nato e di difesa della Palestina. Da questo dipendono direttamente le condizioni di vita della classe operaia.

Il consenso euro-atlantico ha devastato la classe operaia

L’attuale struttura politica e sociale italiana è stata creata a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale come appendice del predominio imperialista americano. Persa la guerra e minacciato da un’ondata rivoluzionaria degli operai e dei contadini, il regime di Mussolini cadde come una mela marcia, lasciando un vuoto di potere che né la monarchia, né il Vaticano, né i partiti borghesi, discreditati da vent’anni di appoggio al fascismo, erano in grado di riempire. I capitalisti italiani, incapaci di salvarsi da soli, si rifugiarono tra le braccia dell’imperialismo americano. L'intero apparato statale venne ricostruito sotto super-visione americana, mettendo insieme ex prefetti e questori fascisti, il clero cattolico e la mafia. L’imperialismo Usa divenne il garante dell’esistenza della borghesia italiana, la quale in cambio si prestò a fare da avamposto atlantico ai confini del blocco sovietico.

Ma il ruolo decisivo lo svolse il Partito comunista (Pci) di Togliatti e Secchia che nel momento esatto in cui c’erano tutte le condizioni per estendere la rivoluzione fino alle sponde dell’Atlantico, disarmò il proletariato italiano e rimise in sella i capitalisti, eseguendo gli accordi di Yalta con cui Stalin cercava un’illusoria coesistenza pacifica con gli imperialisti anglo-americani. Pur criticando violentemente il Patto Atlantico, votando contro l’adesione dell’Italia e chiedendo l’uscita dalla Nato, il Pci si adoperò per impedire che la classe operaia mettesse in discussione l’ordinamento emerso dalla guerra. Anche quando furono estromessi dal governo e duramente repressi negli anni della Guerra fredda, gli stalinisti non organizzarono mai una lotta rivoluzionaria contro l’ordine imperialista euro-atlantico, ma si presentarono come “Partigiani della pace”, con l’obiettivo di spingere la Democrazia cristiana e i suoi burattinai Usa alla coesistenza pacifica con l’Urss, promettendo in cambio la pace sociale nel Paese.

La classe operaia italiana ha pagato a duro prezzo questa politica. Il “miracolo economico” del dopoguerra sotto protettorato Usa fu reso possibile dallo sradicamento delle masse contadine dal Sud per lavorare nelle industrie del Nord (o per essere affittate al Belgio e alla Germania in cambio di carbone e manufatti); dalle terribili condizioni di vita degli operai e degli emigranti nelle baraccopoli del triangolo industriale; dai ritmi di lavoro massacranti e dalla brutale repressione dei diritti sindacali e politici.

Quando alla fine i lavoratori e i giovani si mobilitarono per sfidare queste condizioni nell’Autunno caldo del 1969, sollevando nuovamente lo spettro della rivoluzione, i capi del Pci fecero del loro meglio per confinare l'esplosione entro i limiti sicuri delle “riforme di struttura”. Negli anni Settanta, il consorzio Cia-Democrazia cristiana fu cruciale nel mettere in riga la classe operaia, combinando il terrorismo di Stato, la strategia della tensione e le strutture di contro-insurrezione di Gladio, con un’apertura politica alla cooperazione con il Pci tramite il Compromesso storico. Il Pci accettò. Diede il suo appoggio a vari governi democristiani e proclamò apertamente la sua lealtà al Patto Atlantico con le parole di Berlinguer: “voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico (…) perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua”. L’esplicito sostegno del Pci alla Dc e alla Nato, aprì le porte alla stagione dell’austerità, dei sacrifici per gli operai e della violenta repressione dell’estrema sinistra, che soffocarono l’ondata di lotta di classe degli anni Settanta.

All’inizio degli anni Novanta, la distruzione dell’Urss ha rafforzato l’alleanza euro-atlantica, spalancando tutta l’Europa dell’Est allo sfruttamento imperialista. Sulla scia di Germania e Francia e con la benedizione americana, la borghesia italiana si è lanciata a capofitto nella costruzione dell’Ue e dell’euro, con cui hanno divorato “pacificamente” i Paesi più piccoli e poveri dell’Europa dell’Est e del Sud. Per i grandi gruppi industriali e per le banche la formazione dell’Ue ha portato trent’anni di vacche grasse. Ma l’economia e la classe operaia ne sono uscite a pezzi. La privatizzazione delle aziende statali e le delocalizzazioni hanno falcidiato i posti di lavoro e i salari. L’imposizione di una perenne austerità fiscale per pagare il debito pubblico impedisce il rilancio della domanda interna e dissangua la scuola e la sanità. Ogni modesto tentativo di aumentare la spesa pubblica si scontra con gli sforzi di destabilizzazione della finanza e dei governi imperialisti. Non c'è via d'uscita per la classe operaia e i giovani da un futuro di miseria e decadenza senza una lotta volta a ribaltare l’Unione Europea e la Nato, su cui si basano il potere e i profitti della classe dominante italiana.

Invece di organizzare la difesa delle condizioni della classe operaia, per trent’anni la sinistra ha contribuito a farle a pezzi. Dopo che i dirigenti del Pci ebbero felicemente liquidato il comunismo e la lotta di classe, i loro eredi del Partito democratico della sinistra e di Rifondazione comunista, si sono dedicati alla concertazione con gli euro-tecnocrati liberali (Prodi, Monti, Draghi). La sinistra ha propagandato il mito dell’Europa sociale, secondo cui chi voleva la pace, chi stava dalla parte degli immigrati e dei lavoratori, doveva difendere l’Ue.

Per questo, quando la bolla delle promesse di prosperità e progresso è scoppiata con la crisi del 2008, molti operai hanno voltato le spalle alla sinistra. La loro rabbia e la loro frustrazione sono state manipolate dai populisti di destra della Lega e di Fratelli d’Italia, che hanno avuto gioco facile a presentarsi come gli unici oppositori dell’Ue e come difensori degli “italiani” dai disastri della globalizzazione liberale.

Uno schiaffo reazionario all’ordinamento liberale

La vittoria della Meloni alle elezioni del 2022 è stata uno schiaffo reazionario al liberalismo dominante, rappresentato dal governo di unità nazionale dell’euro-banchiere Mario Draghi. Con la sinistra prona di fronte alle banche e all’Ue, per la Meloni è stato facile fare campagna elettorale contro lo strapotere “del grande capitale, delle multinazionali, delle lobby” e la “marginalità e subalternità imposte dalla sinistra italiana al governo per compiacere i partner europei”, accusandola di essere responsabile dei lockdown, della stagnazione economica e delle sofferenze della popolazione.

Ma anche la destra lavora per conto delle banche e delle grandi multinazionali. Cerca di dare una risposta diversa allo stesso problema: come mantenere e aumentare i profitti dei capitalisti italiani spingendo sulla leva del protezionismo e cercando di dare all’Italia un peso maggiore nell’Ue e nella Nato.

Da quando ha vinto le elezioni, anche Meloni fa da fedele esecutrice degli interessi della classe dominante italiana: i finanzieri, i grandi capitalisti, i fondi di investimento imperialisti. Ha messo da parte l’opposizione all’Ue e porta avanti con determinazione “l’agenda Draghi”:

  1. Sostenere la Nato e la sua guerra per procura contro la Russia in Ucraina;
  2. Appoggiare l’Unione Europea e pagare il debito estero strozzando il popolo;
  3. Far pagare agli operai il costo della crisi, aumentando i prezzi dell’energia, degli alimentari e dei mutui, mentre congela i salari e cancella il reddito di cittadinanza (Rdc).

Questo programma è condiviso dal Pd. Ely Schlein si è rallegrata del voltafaccia di Giorgia rispetto ai suoi vecchi slogan anti-Ue e presenta il Pd come baluardo della Nato e dell’Ue rispetto al “putinismo” di Matteo Salvini. Quanto a contrastare il governo, il Pd si limita ad agitare in televisione gli spauracchi impotenti del liberalismo: Fratelli d’Italia è piena di porci misogini? Votate il Pd, che con i tagli al welfare ha fatto chiudere centinaia di consultori e reso impraticabile il diritto d’aborto! Salvini e Meloni rifiutano di assistere le barche dei profughi? Votate il Pd, che ha inventato i respingimenti, i centri di detenzione e che ha consentito di usare milioni di immigrati come bacino di manodopera ricattabile e senza diritti. Il sistema sanitario va a pezzi? Votate il Pd che lo ha dissanguato e continuerà a farlo per pagare il debito pubblico. Meloni ha esteso i contratti a termine, si oppone al salario minimo e taglia il Rdc? Votate il Pd che ha sancito il precariato a vita (Jobs Act), costretto la gente ad andare in pensione a 67 anni (Legge Fornero) e che si è opposto ferocemente all’introduzione del Rdc.

I dirigenti della Cgil, visto che la Meloni seguiva i dettami euro-atlantici sull’Ucraina, le hanno subito teso un ramoscello d’ulivo invitandola al Congresso del marzo 2023. Da allora, la loro parola d’ordine è calmare le acque! Non hanno mosso un dito per contrastare il carovita quando l’inflazione era alle stelle e i mutui impazziti. Quando le periferie del Sud ribollivano contro il taglio del Rdc e l’aumento della precarietà, hanno fatto tre manifestazioni in croce evitando qualsiasi sciopero. I mezzi scioperi di novembre contro la finanziaria sono rientrati non appena il governo ha minacciato precettazioni. E sull’Ucraina e la Palestina, i dirigenti Cgil hanno invocato la pace dai ladri imperialisti dell’Ue e dell’Onu, guardandosi bene dal muovere un dito nelle fabbriche e nei porti contro il sostegno del governo all’Ucraina e a Israele.

La classe operaia deve opporsi all’Ue e alla Nato e difendere la Palestina

Per sconfiggere il governo Meloni bisogna organizzare una lotta rivolta contro l’ordinamento imperialista euro-atlantico e le forze che lo sostengono: il Pd, la sinistra liberale e i dirigenti sindacali traditori. La crisi imperialista internazionale continuerà a provocare un peggioramento delle condizioni operaie e a trascinare sempre di più il proletariato verso la guerra. Non è possibile riportare indietro l’orologio agli anni dell’espansione pacifica dell’imperialismo globalizzato che hanno posto le basi della crisi attuale. Non si può nemmeno pensare di contrastare questi sviluppi con delle lotte puramente sindacali o con obiettivi politici limitati. Per andare avanti, bisogna far emergere all’interno della classe operaia un polo rivoluzionario che lotti contro l’Unione Europea, contro la Nato e per difendere la Palestina!

Fuori l’Italia dall’Ue e dall’euro! Non è possibile aumentare i salari, investire in sanità, scuole, case e pensioni senza mettere fine all’austerità permanente ripudiando il debito imperialista. Non è possibile reindustrializzare e modernizzare il Sud senza giganteschi investimenti che richiedono l’espropriazione delle banche, delle multinazionali dell’energia e dell’agroalimentare sotto il controllo dei lavoratori. Tutto questo richiede la rottura con l’alleanza dell’Ue e con l’euro, che ingrassano una manciata di imperialisti e strozzano le masse.

Abbasso la Nato! Impedire l’invio di armi e aiuti all’Ucraina e Israele! Per mantenere il controllo mondiale che sentono scivolargli di mano, gli imperialisti di Nato e Ue hanno accerchiato militarmente ed economicamente la Russia, provocando una guerra che sta facendo centinaia di migliaia di morti per sconfiggere la Russia e dominare l’Ucraina. La guerra in Ucraina è costata ai lavoratori di tutta Europa centinaia di miliardi, ha provocato un carovita che ha ridotto i salari reali dell’otto percento e minaccia di trascinare le masse lavoratrici di tutt’Europa in una guerra catastrofica. Il dominio imperialista sul mondo neocoloniale, garantito dalla Nato, consente ai capitalisti di sfruttare doppiamente i lavoratori del Terzo mondo e di peggiorare i salari e le condizioni di vita anche qui, con la guerra tra poveri sui salari e le delocalizzazioni. Opporsi alla Nato è cruciale per costruire un’alleanza tra la classe operaia dei Paesi imperialisti e le masse lavoratrici del Terzo mondo, contro il comune sfruttamento e l’oppressione nazionale.

La classe operaia organizzata deve lottare per la liberazione della Palestina. Se non si impedisce agli imperialisti e ai loro agenti israeliani di massacrare indisturbati il popolo palestinese e di sottomettere le masse arabe in Medio Oriente, il loro sistema di sfruttamento ne uscirà ovunque rafforzato. Bisogna rilanciare il movimento in difesa della Palestina, legandolo alle lotte degli operai, degli immigrati e dei giovani, contro il loro comune oppressore: l’imperialismo. La classe operaia internazionale può mettere fine al massacro. L’Italia è il terzo fornitore di armi ad Israele. I sindacati possono fermarle! L’Italia è piena di basi Nato/Usa che controllano il Mediterraneo. I lavoratori possono lottare per chiuderle! L’Italia ha truppe in Libano e nel Mar Rosso. Gli operai devono chiedere che se ne vadano! Per difendere la Palestina bisogna mettere alle corde il governo. Un vero sciopero contro il governo aiuterebbe la Palestina mille volte di più delle implorazioni platoniche del Papa o di Landini. Aiuterebbe i lavoratori a strappare forti aumenti salariali e investimenti massicci in sanità, scuola e pensioni. Tutto questo non può succedere finché alla testa dei sindacati c’è gente che sostiene l’imperialismo italiano. Bisogna costruire un’opposizione antimperialista nel movimento sindacale che lotti per cacciare i leccapiedi dell’Ue e della Nato!

Facendo sua la lotta per la liberazione della Palestina il movimento operaio aiuterebbe anche a superare il razzismo e l’islamofobia che dividono i lavoratori italiani dagli immigrati e che indeboliscono la classe operaia. Questa divisione è nell’interesse dei padroni e non è provocata solo dalla destra razzista, ma anche dalla sinistra liberale. In trent’anni, i governi liberali hanno importato cinque milioni di lavoratori, tenendoli segregati e senza diritti al fondo della scala sociale, per usarli come manodopera ricattabile e a basso prezzo e spingere verso il basso i salari di tutti. In risposta, la destra ha aizzato gli operai contro gli immigrati, per mettere al riparo il vero responsabile della mancanza di case, di assistenza sociale e di posti di lavoro decenti: il profitto dei capitalisti. Per fare i loro interessi, i lavoratori devono rifiutare questa polarizzazione reazionaria e lottare per difendere gli immigrati, combattere la segregazione razziale e ottenere posti di lavoro e alloggi per tutti! È l'unico modo per rompere l'isolamento degli immigrati e migliorare le condizioni dell'intera classe operaia.

Il movimento per la Palestina deve rompere la camicia di forza entro cui è stato costretto dai liberali e dai riformisti. Le manifestazioni vanno avanti da mesi. Gli studenti protestano ogni giorno. Ma il programma liberale su cui si basa il movimento – far aprire gli occhi all’Onu, all’Ue, ai governi, per tenere a freno i sionisti – non porta da nessuna parte. Israele è un avamposto degli Usa in Medio Oriente. “Genocide Joe” Biden e i governanti Usa non lo scaricheranno mai. Ely Schlein & Co. scattano sull’attenti non appena gli interessi dell’imperialismo euro-atlantico sono messi in discussione. Il Pd ha appoggiato l’invio della marina nel Mar Rosso a difendere le rotte navali e gli interessi israeliani. Quando Israele ha cercato di trascinare l’Iran nella sua guerra al popolo palestinese, Schlein ha teso la mano a Giorgia promettendole di “collaborare nell’interesse dell’Italia”. Non si può difendere la Palestina senza rottamare il Pd e la sinistra che appoggia l’Ue e la Nato.

Sinistra decidi da che parte stai: con gli operai e la Palestina o con Santoro e Schlein

La situazione spinge i giovani e gli operai più combattivi ad opporsi alla Nato, all’Ue e al governo Meloni e a scontrarsi con il Pd e i pacifisti liberali. Quello che serve è chiaro: un fronte comune delle forze che lottano per la Palestina e dalla parte della classe operaia, contro il Pd, l’Ue e la Nato. Ma la sinistra radicale è debole e divisa e rifiuta di basarsi apertamente su un programma di guerra di classe contro l’imperialismo. Preferisce andare pateticamente alla ricerca di alleati influenti e rispettabili: l’Alleanza Verdi e Sinistra, ex giudici alla De Magistris, giornalisti in quota Pd alla Santoro, cardinali amici e perché no, il “Papa buono” Bergoglio.

Santoro e altri personaggi nell’orbita del Pd si presentano alle elezioni europee con la lista “Pace, Terra, Dignità” (Ptd) per riportare all’ovile del Pd gli astenuti schifati dalla sua politica guerrafondaia e antioperaia. Santoro dice chiaramente: “non sono contro la Nato. Sono per il fatto che l’Alleanza atlantica in Europa sia gestita dagli Europei” e ripropone la vecchia favola per cui “la salvezza può cominciare dall’Europa se riscopre sé stessa e, a partire dalla riconciliazione tra la Russia, gli Stati Uniti e l’Occidente si rivolge al mondo per costruire la pace”. Un ruolo simile lo svolge il M5S di Conte, che si oppone all’invio di armi in Ucraina e deplora i massacri a Gaza. Ma i pacifisti finiscono sempre col mettersi in ginocchio davanti ai dogmi della classe dominante: niente opposizione alla Nato, niente opposizione all’Ue, diritto di Israele a “difendersi”. L’idea per cui si può mantenere la pace con le preghiere, con la diplomazia e con gli appelli all’Onu, ha come unico risultato concreto di illudere gli operai e impedire che prendano le cose in mano e mettano sul campo la propria azione diretta contro l’imperialismo e il governo.

Potere al popolo (Pap) è tra le organizzazioni che si sono schierate più chiaramente con la Palestina, contro la Nato e contro l’Ue. All’università gli studenti di Cambiare Rotta sono stati in prima fila nelle accampate in difesa di Gaza. Ma invece di smascherare la sinistra atlantista, Pap è costantemente invischiato in blocchi con forze che appoggiano l’Ue e la Nato.

Per mesi Pap ha corteggiato Santoro, finché alla fine sono stati costretti a prendere le distanze, perché non riuscivano nemmeno a convincerlo a dire la parola “ge-no-ci-dio” che ormai ripetono anche i bonzi dell’Onu. (Rifondazione comunista, che pure ama scrivere articoli contro l’euro-atlantismo del Pd e in difesa della Palestina, non si è fatta nemmeno questi scrupoli ed è saltata sul carro di Santoro & Co).

Ma anche dopo la rottura con Santoro, Pap ha fatto appello a votare l’Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), una forza che, per usare le sue stesse parole “in tutti questi anni ha agito ‘ripulendo’ la facciata del centro sinistra” e che i suoi militanti non vorrebbero votare perché è “compromessa col Pd”. Perché votare Avs allora? Per “dare uno schiaffo all’estrema destra europea, a Meloni e Orban”, spiega Pap “e per provare a liberare Ilaria Salis dalle carceri ungheresi”. Ma non si può assolutamente dare uno schiaffo all’estrema destra appoggiando i partiti pro-imperialisti che ne hanno provocato la crescita! In questo modo anzi si spingono ancor più gli operai scontenti tra le braccia dei populisti e si peggiora la posizione dei militanti antifascisti di fronte alla repressione!

Gli studenti di Cambiare Rotta di Roma, assieme al dirigente della Rete dei comunisti (Rdc), Luciano Vasapollo, sono andati in udienza dal capo della Cei, il Cardinal Zuppi e dal Papa. Che messaggio mandano in questo modo ai lavoratori? Che la Chiesa non è un pilastro della reazione capitalista, non getta fumo negli occhi delle masse, ma è un’alleata nella lotta per la pace.

Il programma di Pap e dei gruppi comunisti che ne fanno parte, come Rdc e Cambiare Rotta, propone soluzioni che sono il contrario di quello che serve. Per la Palestina, Pap chiede “una conferenza internazionale di pace sotto l’egida dell'Onu”: cioè gli sponsor imperialisti di Israele e i loro lacchè. Alla crisi dell’ordinamento imperialista liberale contrappone la “fine della subalternità della Ue [alla Nato] e il superamento della Nato, per affermare un nuovo sistema di relazioni paritarie e multipolari”.

Le illusioni nella benevolenza delle istituzioni imperialiste internazionali e nella possibilità di creare un mondo di “relazioni paritarie” è il contrario di ciò che serve: mobilitare la classe operaia internazionale nella lotta contro l'imperialismo. Come spiegò Lenin durante la Prima guerra mondiale, il programma di pace dei comunisti:

“deve consistere anzitutto nello smascheramento dell’ipocrisia delle frasi borghesi, social-scioviniste e kautskiane sulla pace. Questo è il primo e fondamentale punto. Altrimenti diveniamo i favoreggiatori involontari o volontari dell’inganno delle masse (…) deve spiegare che le potenze imperialiste e la borghesia imperialista non possono dare una pace democratica. Bisogna cercare di ottenerla, non guardandoci alle spalle, guardando all’utopia reazionaria del capitalismo non imperialistico oppure all’unione di nazioni uguali in diritti in regime capitalista, ma avanti, alla rivoluzione socialista del proletariato. Nessuna rivendicazione democratica fondamentale può essere realizzata più o meno ampiamente e saldamente negli Stati imperialistici più progrediti se non attraverso le battaglie rivoluzionarie sotto la bandiera del socialismo. (“A proposito del ‘Programma di pace’”, 1916)

Le cose vanno anche peggio se si guarda ai gruppi “trotskisti” e “leninisti”, che a volte rifiutano di appoggiare i pacifisti alle elezioni, ma capitolano anche più apertamente all’imperialismo! Il Partito comunista dei lavoratori (Pcl) e il Partito di alternativa comunista (Pdac) sono schierati con la Palestina e dicono di opporsi alla Nato e all’Ue. Ma da due anni appoggiano la “vittoria dell’Ucraina”, che nella guerra contro la Russia agisce per conto della Nato e dell’Ue. Il Pcl critica la minoranza di operai più coscienti che si è opposta concretamente all’invio di armi. Questa politica rende assolutamente impossibile qualsiasi opposizione alla Nato e all’Ue e mette il Pcl e il Pdac in un blocco di fatto con la burocrazia sindacale filo-imperialista di Landini & Co.

Altri, come Lotta comunista, predicano le glorie future del comunismo che risolverà tutti i mali del mondo. Verissimo. Intanto sostengono che Israele e i palestinesi sono ugualmente reazionari e che i comunisti non devono difendere la Palestina, rigettando con sdegno la lotta di liberazione nazionale delle masse arabe oppresse dagli imperialisti. Sulla base di questi argomenti falsamente internazionalisti, insegnano agli operai a non opporsi agli imperialisti italiani, alla Nato e al loro avamposto israeliano in Medio Oriente. A Genova, dove occupano posizioni dirigenti nella Cgil e nella sua sezione portuale, hanno boicottato i tentativi degli operai del Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) e dell’Unione sindacale di base (Usb) di impedire l’invio di armi a Israele. In questo non si distinguono dai burocrati filo-imperialisti alla Landini e tradiscono la lotta contro il genocidio a Gaza.

Il risultato finale è che nonostante ci siano decine di organizzazioni comuniste e marxiste che dicono di opporsi all’imperialismo, alle elezioni europee non c’è proprio quello che serve: una forza operaia contro il Pd e contro la Meloni, per la liberazione della Palestina e opposta all’Ue e alla Nato.

La debolezza della sinistra di fronte al governo, nasce dal suo rifiuto di lottare sotto le bandiere della guerra di classe contro l’imperialismo euro-atlantico. Preferisce strisciare di fronte ai liberali e ai pacifisti, che a loro volta strisciano di fronte al Pd e al governo. Finirla con questa politica può solo rafforzare la lotta per la Palestina, la lotta per gli interessi degli operai e degli oppressi. Il compito fondamentale dei comunisti oggi, come all’epoca di Lenin, è quello di dare alla classe operaia un suo partito politico indipendente. I giovani e gli operai che vogliono cambiare le cose devono rifletterci a fondo e agire in questa direzione. Solo così è possibile superare l’irrilevanza della sinistra e mobilitare la classe operaia in una lotta vincente contro il governo. Noi della Lega trotskista d’Italia faremo tutto il possibile in questa direzione e invitiamo coloro che sono d'accordo a unirsi in uno sforzo comune.