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Lo sciopero generale dell’Usb per Gaza è andato al di là delle aspettative di tutti portando nelle strade centinaia di migliaia di studenti e di lavoratori (tra cui molti iscritti alla Cgil e ad altri sindacati), accomunati dalla volontà di farla finita con le chiacchere della “comunità internazionale” e di agire in prima persona per mettere fine al genocidio israeliano bloccando porti, stazioni e autostrade per costringere il governo Meloni a rompere con Israele.

A spingerli all’azione è stato soprattutto l’appello dei portuali del Calp di Genova a scioperare per difendere la Sumud Flotilla e perché dall’Italia non esca più nemmeno un chiodo verso Israele. Un milione di lavoratori hanno incrociato le braccia. Se lo sciopero non ha bloccato il Paese (specialmente nell’industria) ha dato un bello scossone al governo , nonostante gli sforzi dei dirigenti traditori di Cisl e Uil di impedirlo e quelli di Landini, che ha indetto scioperi separati per evitare che gli attivisti della Cgil e quelli dell’Usb si uniscano.

L’ampiezza della mobilitazione ha spaventato Meloni e Salvini che prima hanno mandato un mare di poliziotti a sgomberare porti e stazioni, poi hanno lanciato un’isterica campagna contro la “violenza” per isolare gli scioperanti e ora sperano di arginarla con delle manfrine diversive come la promessa di riconoscere lo “Stato” di Palestina (se Hamas rilascia gli ostaggi e si lascia distruggere) e l’invio di navi militari a seguito della Flotilla per “azioni di soccorso” (magari impedendole di entrare nelle acque di Gaza!)

Sia l’Usb che la Cgil hanno detto di essere pronte ad uno sciopero generale immediato in caso di attacco alla Flotilla. L’Usb chiede che “i lavoratori pongano una questione di embargo di tutte le merci dirette a Israele e provenienti da Israele”. Bene! Quello che bisogna fare adesso è chiaro: mettere in pratica l’appello dei portuali!

  • Sciopero unitario in caso di attacco alla Flotilla senza dividere le forze in scioperi separati o di bandiera, ma con una massiccia prova di forza che colpisca gli interessi delle aziende italiane e metta alle corde il governo.
  • I lavoratori dei porti, delle ferrovie, degli aeroporti e delle fabbriche di armi devono imporre un embargo operaio ad Israele fermando armi e beni strategici. Questo farebbe per il popolo palestinese più di cento mozioni di Schlein e Von der Leyen.
  • Difendere il diritto di difendere la Palestina schierandosi al fianco di tutti gli attivisti filo-palestinesi colpiti dalla repressione, contrastando le leggi repressive che colpiscono chi sciopera o chi attua blocchi delle infrastrutture e chiedendo il rilascio immediato di tutti gli attivisti arrestati, dagli studenti milanesi ad Anan Yaeesh.

La cosa più importante è coinvolgere in questa lotta i tanti operai che provano orrore per il genocidio israeliano ma restano passivi perché non viene loro indicato il legame tra la lotta palestinese e le loro sofferenze quotidiane. Gli operai non entreranno in azione sulla base di esortazioni morali o dell’accusa di essere “complici del genocidio”. L’unico modo per far sì che gli operai facciano propria la lotta per la liberazione della Palestina è di dimostrare che sostenerla è indispensabile per difendere i loro stessi interessi contro il nemico comune.

La politica estera dell’Italia è al servizio delle sue grandi aziende, che a loro volta vivono sotto l’ombrello protettivo dell’Impero americano. I politici italiani (governo e opposizione) su una cosa sono d’accordo: quando l’America da un ordine, ci si può lamentare ma si obbedisce. Adesso gli Usa intendono mettere il mondo sotto torchio per spingere i loro alleati a riarmarsi e a prepararsi a nuove guerre, il cui prezzo sarà pagato dai lavoratori. Per ottenere sanità, scuola, pensioni decenti bisogna opporsi all’Ue e alla Nato che dissanguano il Paese e ripudiare il debito verso le banche e le finanziarie italiane e straniere. Per lottare contro il carovita bisogna opporsi all’invio di armi all’Ucraina. Per contrastare i licenziamenti e i tagli ai servizi sociali per pagare il debito estero e le spese militari, bisogna respingere l’assalto reazionario di Trump e dei suoi alleati. Per conquistare un buon contratto dei metalmeccanici e fermare la crisi nel settore bisogna rovesciare le dinamiche che l’hanno generata: dalla ristrutturazione mascherata da green deal, ai dazi, ai piani di reshoring del governo Usa. Per difendersi davvero bisogna opporsi all’imperialismo: abbasso l’Unione Europea! Abbasso la Nato! Chiudere le basi! Né un uomo né un soldo per l’esercito italiano!

Molti gruppi marxisti sottolineano giustamente che “l’unico modo in cui si può realmente fermare il genocidio è colpire gli interessi economici di Israele e dei suoi alleati, a partire dal governo Meloni” (Partito comunista rivoluzionario) o chiedono di “aumentare le pressioni affinché anche i lavoratori dei grandi sindacati (come la Cgil) vengano coinvolti dal basso nella lotta e affinché i dirigenti della Cgil stessi rompano le ambiguità e mettano la forza materiale dell’organizzazione al servizio di un grande sciopero per la Palestina” (Frazione internazionalista rivoluzionaria–Voce delle lotte). Certo: bisogna allargare il movimento e si devono spingere alla lotta i capi sindacali. Ma bisogna chiarire a tutti che la strategia dei dirigenti attuali dei sindacati è di evitare uno scontro decisivo con la classe dominante. Anche se si mettessero alla testa di scioperi di massa, cercherebbero ad ogni passo di imbrigliarli condannandoli alla sconfitta. Gruppi come il Pcr o la Fir (e non sono certo gli unici), condannano i “limiti” dei dirigenti ma non la loro strategia di fondo.

Qual è la strategia dei dirigenti sindacali per la Palestina? Organizzare scioperi e proteste per toccare il cuore dei dirigenti imperialisti e farli “tornare umani”, lasciando in mano loro la soluzione dell’oppressione palestinese. La Cgil chiede che “i governi e le istituzioni internazionali si adoperino immediatamente per fermare ciò che sta accadendo, fino ad arrivare alla convocazione di una conferenza di Pace sotto egida Onu”. L’Usb critica “l’inerzia del Governo italiano e dell’Unione Europea, che rifiutano di imporre sanzioni allo Stato di Israele e continuano a intrattenere relazioni economiche e istituzionali nonostante la gravità della situazione”. Invece devono essere gli operai a prendere nelle loro mani la liberazione della Palestina opponendosi agli imperialisti euro-atlantici. Devono essere gli operai a risolvere i loro problemi essenziali (salari e posti di lavoro decenti, sicurezza sul lavoro, case, scuole, ospedali, ecc.) prendendo le redini della società.

Fare appello all’etica dei capitalisti non li spingerà ad agire contro i propri interessi. Israele è un avamposto degli imperialisti, cruciale per dividere e dominare il Medio Oriente e per garantire gli interessi Usa e occidentali in una regione ricca di Petrolio e altre risorse e da cui controllano le rotte marittime mondiali. Non lo abbandoneranno.

La liberazione della Palestina non verrà dai belati pacifisti dei governi liberali d’Europa che temono di perdere la poca influenza che avevano in Medio Oriente a causa di Trump. Macron e Starmer riconoscono lo “Stato” di Palestina ma continuano ad armare Israele ed arrestare centinaia di attivisti. Il governo “socialista” spagnolo ha vietato l’invio e il passaggio di armi dalla Spagna (poca roba), ma non dalla base Nato di Rota, la più grande d’Europa, che controlla l’accesso al Mediterraneo e al Medio Oriente. Schlein, Conte e Fratoianni si sono messi a scrivere mozioni di solidarietà con Gaza, senza rinunciare alla fedeltà euro-atlantica, che fa della Penisola una portaerei americana e hanno già accettato i dazi, gli aumenti delle spese militari e gli acquisti di gas e armi dagli Usa.

Il Pd e Avs sono l’incarnazione di tutto ciò che gli operai odiano nella sinistra: politicanti piccolo borghesi che si sentono superiori e predicano ideali astratti mentre calpestano gli operai e i poveri. Sono loro la ragione per cui al governo ci sono Meloni e Salvini! Per allargare la lotta bisogna scaricare completamente Schlein, Conte e Fratoianni. Ma è proprio questo che non fanno né i capi sindacali, né la sinistra radicale (da Usb a Potere al Popolo).

Anche i dirigenti sindacali come Landini, sono visti da molti operai come degli ipocriti che parlano tanto ma non hanno mosso un dito contro il Jobs Act, la Legge Fornero, i Lockdown e tutte le altre misure che hanno rovinato la vita degli operai. I sindacati sono (dovrebbero essere) delle organizzazioni di massa per difendere la classe operaia. Sì ai sindacati! No ai dirigenti filo-capitalisti!

Il movimento per la Palestina è in un momento di crescita che rende possibile unire la lotta contro il sionismo e l’imperialismo alle lotte per soddisfare i bisogni di tutti i lavoratori. Bisogna battersi nei sindacati e sui posti di lavoro per farlo e per metterci in posizione di forza rispetto al governo e al padronato. Bisogna farlo adesso per non ricadere nell’inerzia e nel disastro in cui ci hanno trascinato in nome della concertazione.

  • Difendere la Sumud Flotilla!
  • Liberare la Palestina!
  • Affondare Meloni e Salvini!

–26 settembre 2025